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Come ci racconta Federica Montanari nel suo articolo “A cosa serve la USP per fare revenue?”, il revenue management di successo è strettamente legato al tuo prodotto e al posizionamento, nonché alla capacità dell’azienda di comunicare al proprio target cliente la sua USP, unique selling proposition.
Ma in un mondo VUCA
(Volatile, Uncertain, Complex, Ambiguous)
è sufficiente?
Nel panorama attuale, uno degli aspetti più rilevanti riguardo la creazione e comunicazione del brand è legata al BRAND ACTIVISM: ovvero “l’attivismo del marchio”.
Le aziende del nuovo millennio infatti hanno compreso che esprimere un fine aziendale vale più del prodotto stesso e diffondere un’opinione su politica, società, economia o ambiente giova non solo all’immagine ma anche ai profitti.
I millennials cercano le aziende che hanno un fine.
Perché vogliono credere in qualcosa.Philip Kotler
Finora il marchio è stato sempre commercializzato sottolineando le prestazioni del servizio, ma in un mercato competitivo come quello odierno, dove il tuo cliente viene bombardato da mille stimoli e deve comparare migliaia di prodotti apparentemente molto simili, il tuo essere BEDIFFERENT può essere espresso anche grazie agli ideali in cui credi… e soprattutto a ciò che fai di concreto per rispettarli!
Il target cliente che più si appassiona al tuo prodotto grazie al brand activism è quello dei millennials (ma non è una peculiarità solo di questo target!).
I tuoi nuovi clienti nascono nell’era del marketing digitale: in una società dove le persone passano la maggior parte del loro tempo sui social media, spesso per pronunciarsi su argomenti che riguardano l’intera umanità, e che sono naturalmente propensi a giudicare i brand sulla base della loro partecipazione o meno alle battaglie del nuovo millennio.
Essi sono quindi più sensibili alle aziende che non solo propongono loro prodotti di alto livello (quello lo fanno anche i tuoi competitors!), ma a quelle che difendono i propri valori.
L’azienda Avon dal 1992 si preoccupa delle donne ed in particolare delle problematiche del tumore al seno.
Nel loro sito comunicano il loro impegno:
Avon è un’azienda leader a livello globale per le iniziative filantropiche legate alle cause che più interessano le donne. Nel 2015, Avon e Avon Foundation for Women hanno contribuito con più di 1 miliardo di dollari raccolti in oltre 50 paesi. La raccolta fondi di Avon è focalizzata sulla ricerca contro il tumore al seno e sull’ampliamento dell’accesso a cure di qualità attraverso l’Avon Breast Cancer Crusade, e sull’impegno a ridurre la violenza domestica e di genere grazie al programma Speak Out Against Domestic Violence.
Avon comunica al proprio consumatore tutte le informazioni per supportare e contribuire alla causa grazie anche alla creazione di una linea di prodotti della solidarietà.
Il suo approccio umanizza l’azienda e crea partecipazione nel suo pubblico, il quale si sente parte in prima persona del raggiungimento dell’obiettivo.
Il Brand Activism sembra quindi essere il nuovo must per le aziende a cui i propri clienti chiedono di fare qualcosa di concreto per il bene comune.
Il focus non è quindi sulle affermazioni quanto sulle scelte che esse compiono e inevitabilmente questo processo darà valore e maggiore potere commerciale a ciò che offri.
“La responsabilità sociale delle imprese è tutt’altro che massimizzare il valore della vostra azienda per un lungo periodo. A lungo termine, le questioni sociali e ambientali diventano questioni finanziarie”.
(Lars Rebien Sørensen, CEO della società farmaceutica danese Novo Nordisk)
ATTENZIONE!
Il brand activism non deve essere una forzatura.
La tua comunicazione deve essere autentica e i contenuti devono essere coerenti con il tuo prodotto, la tua immagine e i principi che vuoi comunicare.
Se non credi nella tua mission, risulterai falso.
Se lo fai solo perché “devi”, risulterai opportunista.
Se non curi ogni minimo dettaglio della tua comunicazione, risulterai contraddittorio.
Sul web si affollano gli articoli sugli epic fail della comunicazione, che approfondiremo nel prossimo articolo su “cosa fare ma soprattutto NON fare nella tua comunicazione”.
Un esempio che mi sembra calzante e ti fa comprendere meglio come un apparente brand activism può ritorcersi contro l’azienda è quello di Starbucks.
La campagna “Race together” è stata lanciata da Starbucks nel 2015 e nonostante il suo messaggio di utilità sociale ha scatenato molte più reazioni negative che positive.
L’obiettivo era di aprire un confronto sul problema del razzismo, aumentato dopo la sparatoria di un afroamericano a danno di due agenti di Brooklyn che avevano perso la vita.
L’hashtag pensato per la campagna pubblicitaria #racetogether invitava i clienti a chiedere spiegazioni ai baristi, i quali avrebbero così potuto coinvolgere il pubblico in una discussione sul tema.
Non solo gli utenti hanno letto la campagna come opportunista, ma è stata definita incoerente con l’ambiente caotico dello Starbucks, dove difficilmente si può disquisire di razzismo tra l’ordinazione di un Frappuccino e la ricerca delle monetine in piedi alla cassa. Il movimento #racetogether è stato talmente attaccato su Twitter che il Senior Vice President di Starbucks ha dovuto addirittura eliminare il proprio account.
ATTENZIONE AI DETTAGLI!
Vi siete accorti che non c’è neanche una mano di colore nelle foto?
Al Marketing Forum del 2018 Philipp Kotler ci fa riflettere sugli step di evoluzione del marketing dalla sua nascita ad oggi:
- MARKETING 1.0 punta al profitto: l’azienda si concentra sulle prestazioni del prodotto e comunica valori meramente economici = il mio è il miglior prodotto!
- MARKETING 2.0 punta al cuore: l’azienda si concentra sulle esigenze del cliente e comunica i valori delle persone = il mio prodotto risponde perfettamente al tuo bisogno!
- MARKETING 3.0 punta allo spirito e ai valori: l’azienda si concentra sui propri ideali e comunica i valori ambientali e sociali, che mirano alla felicità dell’intera umanità = io ci credo, aiutami a raggiungere l’obiettivo!
Fermati un momento e pensa:
- In che fase è la tua azienda ora?
- Dove vorresti essere?
- Perché?
- Che step concreti intendi intraprendere per arrivare al tuo obiettivo?
Sicuramente dopo questo articolo ricco di buoni propositi ti bloccherai: “eh va bè, ma cosa mi invento io, sono “solo” un albergo!”
Invece NO:
combatti il pessimismo cosmico che blocca la tua concreta voglia di valorizzare ciò che sei
Pensa che probabilmente tu con la tua azienda fai già del bene, hai già dei valori, ma non li comunichi perché li ritieni scontati: non per forza sostieni azioni che mirano a combattere la pace nel mondo o previene lo scioglimento dei ghiacciai, ma stai già facendo qualcosa per il bene del tuo personale, della salute dei tuoi clienti, per il territorio in cui sei inserito.
Non devi inventarti nulla, ma devi DARE valore al tuo prodotto che è frutto della tua passione e di ciò in cui credi e FAI.
Quindi respira e fai il primo brainstorming.
Non dimenticare di:
- Partire dalla realtà della tua struttura: non stravolgere ciò che sei ma valorizzalo!
- Sii coerente con la tua identità: il cliente lo percepisce se ci credi davvero oppure no!
- Comunica il tuo valore: il tuo cliente vuole sentirti vicino e partecipare alle tue battaglie!
Fare brand activism non dipende solo da ciò che fai tu in prima persona come azienda ma anche la filiera di fornitori che hai deciso scegliere come tuoi partners.
Credi nel turismo responsabile e nell’utilità sociale?
I tuoi prodotti provengono da particolari cooperative e aziende che credono nei tuoi stessi valori?
Gironzolando online ho trovato diversi esempi di aziende che utilizzano il brand activism per comunicare il loro valore e questo di seguito in particolare ha fatto innamorare la mia anima solidale.
La forza dell’albergo Il Pallone di Bologna è raccontare chi e perché gestiscono la loro attività, conquistando un target cliente come quello a cui appartengo: l’utente che cerca sempre più spesso esperienze che oltre a fare del bene per sé abbiano un riscontro nel sociale.
“Siamo soci di AITR perchè crediamo nei valori del turismo responsabile e nella potenza che questo settore ha di generare uguaglianza e solidarietà.
Turismo responsabile è attenzione alla comunità locale, al corretto e sostenibile utilizzo delle risorse, è rispetto dell’ ambiente e del lavoro onesto e adeguatamente retribuito.
Turismo responsabile è attenzione alla persona e ai suoi bisogni specifici, è guardare lo spazio con la lente dell’accessibilità.
Turismo responsabile è farsi carico dei bisogni della società, andando incontro alle persone, oltre i muri e oltre i pregiudizi.
I nostri fornitori…”
Magari non ne ho esigenza sul momento…ma sicuramente per la mia prossima trasferta a Bologna penserò a loro! (e la stessa cosa fa il tuo cliente quando naviga online e si appassiona alle storie che legge)
Un marketing davvero olistico deve prendere in considerazione anche la tua etica aziendale.
E una volta che hai definito la tua mission: comunicala!
Non perché bisogna farlo ma perché ci credi fortemente.
E per comunicare…leggi l’articolo di Lara Lodoli “Ciò che piace è per metà venduto!”
#BEHUMAN
About The Author
Federica Montanari
Preferisce l’aspetto creativo dei numeri, perchè quello che fa davvero la differenza è l’aspetto strategico e non logico delle cose. Un pozzo di idee inesauribile, vuole mettere in pratica (subito) ogni idea che suona come vincente! . "Non è la più forte delle specie a sopravvivere, né la più intelligente, ma la più reattiva al cambiamento." [Charles Darwin]